“Facciamola in fretta questa scalata“. Nel giorno degli innamorati, a parlare in casa Bari non poteva essere nessun altro che non fosse Ciccio Brienza. O, più semplicemente, il capitano. In un’epoca in cui ai capitani viene tolta la fascia perché i loro procuratori chiedono rinnovi a mezzo social, e che per ripicca rifiutano la convocazione del proprio allenatore finanche per una partita europea, quella tra Brienza e il Bari merita di essere celebrata come una di quelle storie che farebbero innamorare anche i più duri di cuore.
Una storia iniziata al Renato Curi di Perugia, quando Ciccio al 71’ rilevò Fedato e scrisse il primo capitolo del suo libro biancorosso, in una partita che si chiuse con la vittoria dei galletti per 1-0 con rigore segnato al 95’ da Riccardo Maniero. Quel Bari, che cominciò con Stellone e finì con Colantuono, non riuscì nemmeno a centrare i playoff. Brienza e i suoi ci riprovarono l’anno successivo con alla guida Fabio Grosso, suo ex compagno ai tempi di Palermo. La corsa terminò nello spareggio playoff perso a Cittadella, partita in cui proprio Brienza perse la testa e si beccò il rosso diretto per un fallo di frustrazione. Il resto è storia recente, ma tra Ciccio e il Bari non poteva, non doveva finire così.
Dopo l’estate più triste per il calcio barese, con la cancellazione dal professionismo e la ripartenza dalla Serie D, il ragazzo di Cantù prese una decisione che rimarrà per sempre nel cuore di tutti i tifosi: “Ripartire dalla polvere per tornare in paradiso”. Era il 10 settembre quando Brienza pronunciava le sue prime parole della sua nuova avventura in biancorosso, con lo spirito e l’entusiasmo di sempre, con la carica del capitano che, unico tra i suoi ormai ex compagni, aveva deciso di non abbandonare la nave.
“Volevo festeggiare i 40 anni giocando”, sono state queste oggi le sue prime parole. “Quest’anno sono partito senza preparazione, ma oggi fisicamente sto bene, riesco ad allenarmi tutti i giorni”. Sembra incredibile come questo ragazzo, che il 19 marzo entrerà negli “anta”, riesca ad avere ancora la voglia e la capacità di lavorare e mettersi in discussione, correndo e sudando al fianco di ragazzi che “potrebbero essere quasi dei figli”, giorno dopo giorno: “I prossimi 2-3 mesi saranno per me un esame importante, voglio dimostrare a me stesso e alla società che ci posso essere e che posso essere all’altezza anche per l’anno prossimo, perché sento la responsabilità di indossare questa maglia. Per me il calcio è pura passione, perché solo con la passione e l’amore puoi sopportare i carichi di lavoro. Io, a 40 anni, ho ancora voglia di dimostrare”. Parole da capitano, parole di chi ha preso un impegno con se stesso e con i propri tifosi.
“Il mio sogno era quello di giocare almeno una partita in A con la maglia del Bari. Ora sarà più difficile, dobbiamo farla in fretta questa scalata”. Chi ama il Bari, chi ama il calcio, non può che augurarsi lo stesso.
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