La Lega Pro si ferma nel turno pre natalizio. Sciopero o clamoroso autogol?

“Bisogna restituire il calcio alla gente”. “Lavoriamo per riportare la gente allo stadio”. “La gente ha voglia di calcio e di C”. “La C si fa grande con l’entusiasmo dei tifosi”. “L’obiettivo di ogni nostra azione ha lo scopo di creare le condizioni per portare più gente allo stadio”.
Sono solo alcune delle parole pronunciate in diverse occasioni da Francesco Ghirelli, attuale presidente della Lega Pro. Riportare la gente allo stadio: dovrebbe essere un’idea cara e chiara a tutti, quasi una stella polare. Ogni singola decisione dovrebbe considerare sempre e comunque un assioma molto semplice: il calcio senza la gente non esiste. Ed è proprio in funzione dei milioni di appassionati che bisognerebbe ponderare ogni singola iniziativa.
Come, ad esempio, la decisione di scioperare il 21 e 22 dicembre. Una scelta che cozza con tutto quanto detto fin qui. Perché se è vero che quello della defiscalizzazione è un tema importantissimo, se è vero che le casse di tanti club di Lega Pro piangono, se è vero che bisognerebbe trovare un modo per alleggerire i costi e, al contempo, favorire lo sviluppo delle infrastrutture e dei settori giovanili, è altrettanto vero che c’è modo e modo di cercare di arrivare all’obiettivo.
Evitare di scendere in campo nel turno pre natalizio sembra un modo di agire che definire sbagliato sarebbe un eufemismo. Saprà benissimo, il presidente Ghirelli, che migliaia di tifosi, lontani per lavoro dalle proprie città per gran parte dell’anno, tornano dai propri cari in occasione delle festività. Quelle stesse migliaia di tifosi, sabato e domenica, avrebbero affollato gli spalti. Saprà benissimo, il presidente Ghirelli, che con le scuole ferme bambini e ragazzi avrebbero potuto andare allo stadio con i propri genitori. Saprà benissimo, il presidente Ghirelli, che un conto è giocare una partita nel weekend, altro conto è recuperarla in un turno infrasettimanale, magari a un orario improponibile per chi lavora da dipendente o ha un’attività da mandare avanti. Se il calcio è della gente, se l’obiettivo è portare più persone possibili allo stadio, ebbene questo sciopero arriva nel momento più sbagliato che si potesse scegliere.
L’incontro di ieri con il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, in cui la Lega Pro era rappresentata dal presidente della FIGC Gabriele Gravina, è stato, a detta dello stesso Ghirelli, “istituzionalmente corretto e positivo, perché ha consentito di delineare cosa serva ai club di Serie C, e sono emersi interessanti spunti di riflessione”. E ancora: il Ministro è stato ringraziato “per l’attenzione riservata alla Lega Pro e la disponibilità al dialogo dimostrata”.
Eppure, barra dritta: non si gioca. Ecco, onestamente non ci sembra il modo migliore di trattare. Anche perché il 12 gennaio si tornerà in campo come nulla fosse successo. Certe tematiche che, è bene ribadirlo, vanno considerate con la massima attenzione, hanno tuttavia bisogno di tempo, fisiologico perché si provi ad arrivare a una sintesi che soddisfi tutti. Giusto presentare le proprie istanze al Governo. Giusto provare a ottenere ciò in cui si crede. Meno giusto puntare i piedi a scapito dei tifosi, che alla fine risulteranno essere gli unici danneggiati da questo sciopero.
Linfa vitale e, allo stesso tempo, anello debole del sistema calcio. Sembrerebbe paradossale eppure ai tifosi, negli anni, tutte le decisioni sono sempre piovute dall’alto. E sono state spesso iniziative che hanno allontanato invece di avvicinare. Dai turni spezzatino alle partite a mezzogiorno, passando per gli infrasettimanali in orari pomeridiani ai match serali in pieno inverno.
Spostare una partita che si sarebbe dovuta giocare domenica 22 dicembre alle 15 a, chissà, mercoledì 5 febbraio alle 18 (giusto per fare un’ipotesi, tanto ormai vale tutto), chi danneggerà secondo voi? Se lo sarà chiesto il presidente Ghirelli?

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