Il Bari al cambio d’abito. Lo smoking bianco finisce (finalmente) nell’armadio?

Chiariamo subito una cosa: le partite di calcio si decidono sul campo. E il Bari, a maggior ragione in Serie C, ogni volta che scende sul rettangolo verde, ha un unico dovere: vincere, nient’altro. Se possibile, dominando. Senza scuse, senza alibi. Però, c’è un però. Perché non tutti i campi sono uguali. Ci sono i campi da Champions, quelli da Serie A, quelli da Serie B e quelli da Serie C. E in Serie C, tante volte quei campi smettono di essere campi e si trasformano in ring. Dove il fioretto serve a poco, e occorre invece mettersi a tirare cazzotti, perché di certo chi ti sta di fronte proverà a farlo. La Serie C è una categoria “brutta, sporca e cattiva”. Dove gli avversari ti colpiscono alle spalle, o sotto la cintura, e se ne fregano se tu ti chiami Bari, anzi: ci provano ancora più gusto. Non hanno paura di sporcarsi le mani, non hanno paura di macchiarsi l’abito, perché quell’abito spesso è una tuta, a volte vecchia e con qualche toppa.

Il Bari, fino a qualche tempo fa, credeva di poter affrontare una battaglia nel fango indossando lo smoking bianco. Ebbene, da un po’ di tempo a questa parte quello smoking bianco è stato riposto nell’armadio. Almeno così sembra. Saranno state le tre sberle rimediate in pieno volto dalla Ternana. Sarà stato il ritorno sul ponte di comando di mister Auteri. Sta di fatto che qualcosa, in questo Bari, pare stia cambiando. Sul campo, sì, ma anche nel modo di comunicare. Dopo la sconfitta contro la capolista, i biancorossi a Caserta hanno messo sul terreno di gioco una prestazione diversa dal solito. Più cattivi, più “sporchi”, più pronti alla lotta. Una vittoria ottenuta senza brillare, ma mai in discussione. Poi una settimana di lavoro, e venerdì la conferenza stampa del mister. Un confronto di cui nessuno ricorda nulla, se non il fatto che Auteri abbia voluto sottolineare una, a suo e nostro avviso, stortura evidente nel calendario, che ha concesso alla Ternana di affrontare, in anticipo, una Vibonese che era stata costretta a scendere in campo mercoledì per recuperare la partita contro il Foggia. Apriti cielo. Una dichiarazione forte, divisiva, come spesso accade a Bari, che ha portato alla formazione di due “schieramenti”: da un lato, chi dava ragione al mister senza se e senza ma. Dall’altro, chi gli imputava di voler cercare alibi per il fatto di essere in evidente ritardo dalla vetta. E poi veniamo alla partita contro il Catanzaro. Una prestazione bella, convincente, divertente anche, autorevole come piace dire al mister, contro un avversario di tutto rispetto. Un Bari che, con organizzazione e carattere, ha costruito oltre una decina di palle gol, meritando ampiamente una vittoria che, con un po’ di fortuna e precisione in più, sarebbe potuta essere ben più larga.

Ed eccoci in zona mista. Parla il mister, tutto ok. Parla De Risio, tutti contenti. E poi arriva lui, il match-winner, l’uomo che a 36 anni e 500 presenze nei campionati professionistici continua a incastonare gemme su gemme, come il gol che ieri è valso 3 punti. Seguito da un’esultanza che polemica è dir poco. Con chi ce l’aveva Mirco? Beh, un po’ con tutti. Con un ambiente che, a suo dire, troppo spesso manca di equilibrio. Con una piazza in cui ad ogni sconfitta segue un tiro al bersaglio a volte eccessivo e indiscriminato. Credeteci: vedere un Antenucci così “incazzato”- passateci il termine – non ce lo saremmo mai aspettato. Lui che ci ha sempre regalato calma e sorrisi.

E questo ci ha fatto pensare. Non sarà che questo Bari abbia finalmente deciso di cambiare pelle? Non sarà che mister Auteri sta tirando fuori da questi ragazzi un’anima che, finora, si faticava a vedere? Qualcuno potrebbe forse pensare che queste “uscite” siano fuori luogo, segnali di nervosismo. Beh, se il Bari non fosse nervoso visto il -7 dalla Ternana ci sarebbe francamente da preoccuparsi. Onestamente, eravamo più sconcertati quando, anche dopo prestazioni piatte, in conferenza stampa ci venivano a parlare come degli automi di squadra che doveva crescere, di condizione atletica, di gruppo. Tutti concetti sacrosanti per carità, ma a un certo punto il toro bisogna prenderlo per le corna. E chissà, magari questo apparente cambio di rotta potrebbe essere figlio anche delle tante critiche. Di quelle costruttive perlomeno, non certo di quelle di chi spara a zero a volte solo per il gusto di farlo e senza una reale motivazione.

Questo Bari ha il sacrosanto dovere di vincere, da qui non si scappa. Probabilmente, e solo il tempo potrà dirci se questa sensazione è veritiera, ha deciso di non farlo semplicemente provando a giocare bene. Ma anche sporcandosi le mani se necessario. Mettendo pressione, anche mediatica, sull’avversario. Caricando l’ambiente e caricandosi anche con dichiarazioni non proprio politically correct. Non bisogna mai dimenticarsi che, nonostante tutti i tesserati biancorossi siano seri professionisti, sono anche essere umani. Non sono insensibili, non possono assorbire all’infinito. A un certo punto scoppiano. E se tutto questo si traduce in qualcosa di positivo, se questo fervore si trasforma in voglia di mangiarsi l’avversario, che ben venga. Viva il bel gioco, viva i bei gol. Ma i campionati si vincono anche mordendo più degli altri, fare i “signori” serve a poco. Per cui, caro Bari, via lo smoking bianco. In Serie C non sappiamo che farcene. Continua a ringhiare, sul campo e fuori, continua a sporcarti. Il fango, se tutto va bene, si potrà lavare via tra 24 partite.

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